Biella, capoluogo dell’omonima provincia piemontese vanta un enorme patrimonio storico, artistico e naturale, dal 2019 è città creativa dell’UNESCO per artigianato e arti popolari.
Come altre città pedemontane Biella ha sia una parte alta che bassa, diverse come aspetto e architettura, inoltre è uno dei centri industriali più attivi d’Europa, infatti dal Novecento la sua popolazione è aumentata rapidamente.
Storia di Biella
Sull’origine del nome ci sono diverse teorie, secondo la più accreditata Biella deriverebbe da Bugella, come indicato nel primo documento del 10 luglio 826 con cui l’Imperatore Ludovico I, figlio di Carlo Magno donò la città a Bosone il Vecchio, un duca dei Franchi.
Invece il medico del Settecento Giovanni Tommaso Mullatera, nelle sue Memorie indica come il nome potrebbe derivare da Bruticella, poiché dimora di Decimo Bruto, uno dei congiurati che uccisero Giulio Cesare nel marzo 44 a. C.

Secondo altri il nome ha origine dal termine betulla, pianta chiamata anche volgarmente biolla, mentre secondo l’abate Gustavo Avogadro, Biella ha origine dall’antico dio scandinavo e celtico Biel.
Per ciò che concerne la storia, alcuni ritrovamenti archeologici testimoniano un insediamento risalente alla fine del XIV secolo a. C., poi seguirono popolazioni liguri e celtiche soprattutto sulle colline e vicino ai corsi d’acqua.
Infatti nel 1959, sulla collina dove sorge la riserva naturale del Parco Burcina Felice Piacenza furono ritrovati attrezzi e utensili risalenti all’età del ferro.
Poi nei territori delle Bessa si stabilirono i Vittimuli, anch’essi di origine ligure e interessati a sfruttare i giacimenti d’oro, attività proseguita in epoca romana.
L’antico abitato romano si estendeva probabilmente lungo l’attuale viale Italia e intorno alla pieve di Santo Stefano, dove tra il IV e V secolo si sviluppò il primo centro cristiano.
Purtroppo gran parte dei precedenti ricordi andò perduta, infatti il documento più antico, come detto prima è il diploma dell’826 con cui l’Imperatore Ludovico I dona la Corte di Biella al conte di Bosone.
Poi nel successivo documento dell’882 il tedesco Carlo III, detto il Grosso donò Biella alla chiesa di Vercelli.

Nel X secolo crebbe l’influenza del collegio di Santo Stefano, desideroso di sostituire la propria autorità a quella vescovile, favorendo anche l’autonomia dei biellesi e creando le premesse del futuro Comune.
Nel 1160 il vescovo di Vercelli, tale Uguccione fondò un nuovo abitato sulla collina con castello annesso, l’attuale borgo Piazzo, anche come rifugio dai possibili scontri tra guelfi e ghibellini.
Per popolare il borgo, il 12 aprile dello stesso anno il vescovo concesse tre importanti privilegi a chiunque vi dimorasse, ovvero l’amministrazione della giustizia, il mercato settimanale e la macellazione delle carni.
Così il borgo Piazzo, oggi la zona più caratteristica di Biella divenne centro sia dell’evoluzione cittadina che dei commerci.
Secondo gli statuti del 1245, il Comune biellese aveva 4 consoli, il primo, il più anziano era qualificato come Chiavaro, poi un Consiglio di Credenza per assistere i consoli e diversi ufficiali subalterni.

Nel 1349, con l’elezione alla diocesi di Giovanni Fieschi si ruppe l’equilibrio tra comune e vescovado, così i biellesi si misero sotto la protezione dell’arcivescovo Giovanni Visconti di Milano.
Biella andò alla signoria di Galeazzo II Visconti, poi nel 1373 grazie alla mediazione di Amedeo di Savoia la città tornò alla diocesi vercellese, tuttavia la pace durò ben poco perché nel 1377 i biellesi, stanchi dei soprusi assalirono il vescovo imprigionandolo nella fortezza di Piazzo.
Intervenne il nobile valdostano Ibleto di Challant che, dopo aver nominato il fratello come podestà si impegnò a custodire il vescovo, fino ad accordo concluso, nel suo castello di Montjovet, in Val d’Aosta.
Così terminò la dominazione vescovile su Biella, che nel 1379 si pose sotto tutela di Amedeo VI di Savoia, detto Conte Verde per circa 30 anni, passando poi alla casata sabauda.

Il XV secolo fu relativamente tranquillo, mentre in quello successivo Biella fu occupata dalle truppe francesi guidate dal colonnello di fanteria Carlo I di Cossé, conte di Brissac.
È il periodo delle guerre d’Italia, una serie di conflitti per la supremazia in Europa, combattuti prevalentemente su territorio italiano.
L’episodio determinante delle guerre d’Italia fu la battaglia di San Quintino, in Francia del 10 agosto 1577, poiché l’omonima roccaforte sbarrava agli spagnoli la via più rapida verso Parigi.
L’esercito francese era guidato dal maresciallo Anne de Montmorency, mentre Emanuele Filiberto di Savoia, detto Testa di Ferro, insieme a dei contingenti savoiardi guidava quello spagnolo.
Come aiutante del Duca sabaudo c’era il conte torinese Carlo Manfredi Luserna d’Angrogna, lo stesso che due mesi prima sconfisse i francesi durante l’assedio di Cuneo.
L’esercito spagnolo, oltre a vincere la battaglia di San Quintino catturò sia il maresciallo Montmorency che tutti i cannoni nemici.
Poi la pace di Cateau-Cambrésis del 3 aprile 1559 pose fine alle guerre d’Italia, dopo oltre 60 anni di battaglie e, come ricompensa Emanuele Filiberto si riprese i territori, compreso Biella.
A ricordare l’evento è il monumento celebrativo di piazza San Carlo a Torino, dedicato ad Emanuele Filiberto di Savoia e noto ai torinesi come Cavallo di Bronzo.

Arriviamo ai primi decenni del XVII secolo, quando tra il 1629 e il 1633 la peste bubbonica flagellò l’Italia settentrionale, tuttavia Biella ne uscì miracolosamente illesa, secondo tradizione per intercessione della Madonna di Oropa.
Nel 1704 la città fu nuovamente occupata dai francesi, poi liberata dopo la vittoria piemontese nel celebre assedio di Torino del 1706, durante il quale avvenne l’eroico episodio del minatore biellese Pietro Micca.
Nel 1798, in pieno periodo napoleonico Biella venne rioccupata dai francesi, questa volta con l’approvazione dei liberali locali, infatti nella piazza davanti alla chiesa di Santo Stefano fu innalzato l’albero della libertà, uno dei simboli della Rivoluzione francese.
Dopo la battaglia di Marengo del 14 giugno 1800 Biella fu annessa alla Francia, poi con la capitolazione di Napoleone Bonaparte e la conseguente Restaurazione, la città tornò ai savoia.

Nel Risorgimento, precisamente l’8 maggio 1859 Biella fu brevemente occupata dagli austriaci, poi fuggiti poiché incalzati dalle truppe di Giuseppe Garibaldi, che giunse in città il 18 maggio con 3.000 Cacciatori delle Alpi.
I Cacciatori delle Alpi, volontari garibaldini combatterono nella Lombardia settentrionale contro l’esercito imperiale austriaco, durante la seconda guerra di indipendenza italiana.
Il giorno seguente Garibaldi depositò una corona di fiori sulla lapide di Pietro Micca, a Sagliano, poi tornò a Biella dove, alla presenza del commissario Tecchio si affacciò al balcone del vescovado per salutare la folla.
Rivoluzione industriale e Via della Lana
Durante l’Ottocento il biellese, forte della sua antica tradizione si distinse nel settore tessile, specialmente quello laniero, infatti già nel 1245 negli statuti di Biella erano inseriti sia il Collegio dei Tessitori che quello dei Lanaioli.
Nel biellese la lavorazione della lana era a carattere casalingo, mentre già intorno al 1840 i lanaioli erano scomparsi, rimasero solo i telai domestici a cui gli industriali si affidavano in caso di incremento della produzione o scioperi.
Infatti tra il 1864 e il 1891 gli operai dell’industria della lana passarono da 6.500 a 7.339, fino a raggiungere i 15.068 nel 1907.
Nel 1817 Pietro Sella trasformò un vecchio battitoio di carta in un lanificio di sette piani, introducendo per primo in Italia i macchinari per la filatura da lui acquistati a Seraing (Belgio) e progettati dai fratelli inglesi Cockerill.

Nel 1820 l’azienda occupava già 670 operai mentre nel 1854, disponendo dei più recenti macchinari era considerato il miglior opificio del biellese, poi dal 1875 lavorò per conto terzi, affittando gran parte del fabbricato ad altri imprenditori.
Una piccola nota: l’edificio che ospitò l’antico battitoio di carta fu eretto in riva al torrente stura nel 1682 da Gerolamo Berra, dando anche il nome alla località, ovvero batör o batur, infatti la strada che scende al ponte Ivrea si chiama via Batur.
Arriviamo alla seconda guerra mondiale quando Biella fu occupata dai tedeschi, il comando si insediò all’Albergo Principe mentre le SS presero possesso di Villa Schneider.
Montagne e colline circostanti divennero una sorta di enclave partigiana e la provincia fu teatro di fame, guerra ed eccidi, il più conosciuto è quello del 4 giugno 1944, quando 21 partigiani furono fucilati in piazza Quintino Sella.
Per annientare le formazioni partigiane, tra il 29 maggio e il 2 giugno 1944 i nazi-fascisti setacciarono la valle dell’Elvo, tuttavia catturando solo 14 giovani tra partigiani e renitenti, poi condotti al carcere di Biella.
Il giorno seguente sulla Serra furono catturati altri 8 partigiani e trasferiti presso la scuola Pietro Micca, sede del 155° Battaglione Montebello.
Per dare un avvertimento a ribelli e popolazione, dall’Albergo Nazionale di Torino in piazza CLN, sede del comando tedesco partì l’ordine di fucilare i prigionieri, che la mattina del 4 giugno furono radunati alla scuola Pietro Micca.
Qui ricevettero conforto religioso da un frate francescano e dal cappellano del battaglione, tale padre Leonardo Sangiorgio, poi condotti in piazza Quintino Sella e fucilati.
Nonostante i fascisti rimasti di piantone ricevettero l’ordine di non far avvicinare nessuno, ben presto il luogo dell’esecuzione si riempì di fiori.
Poco prima che terminasse il secondo conflitto mondiale la Piaggio trasferì gli stabilimenti da Pontedera (PI) a Biella, poiché essendo sede solo di industrie tessili era meno esposta ai bombardamenti angloamericani.
Infatti fu negli stabilimenti biellesi che nacque il progetto del Paperino, prototipo di motoscooter e considerato progenitore della Piaggio Vespa.
Nel dopoguerra la ripresa economica si basò sull’industria, soprattutto tessile, , poi artigianato, agricoltura e allevamento.
Nel 1971, grazie al regista comasco Giuseppe Sacchi nacque Telebiella che, dopo Telenapoli fu la seconda emittente televisiva locale italiana ad infrangere il monopolio della Rai.
Ancora oggi l’economia biellese è legata al settore tessile che, forte della sua antica tradizione ha progressivamente influenzato il tessuto economico dell’area.
Negli ultimi anni si registra un fortissimo incremento del turismo, sia nazionale che internazionale, grazie all’immenso patrimonio storico, artistico, culturale e naturale.
Cosa visitare a Biella
Piazzo, il quartiere medievale sorge su un’altura di circa 480 metri, in alto rispetto alla parte più moderna della città, detta Biella Piano ed è raggiungibile anche dalla caratteristica funicolare del 1885.
Un tempo borgo Piazzo era circondato da mura dotate di imponenti porte, come quella di Andorno, all’epoca dotata di opere difensive e sul cui arco troviamo un frammento di affresco che rappresenta l’Ostensione della Sindone.
Poi Porta della Torrazza o d’Oropa, realizzata nel 1780 la posto di un’antica porta medievale per celebrare la visita di re Vittorio Amedeo II di Savoia e della regina Maria Antonia Ferdinanda di Spagna.
Il cuore del borgo è piazza Cisterna, circondata da eleganti portici medievali e fin dalla seconda metà dell’Ottocento sede sia del Comune che del mercato.

Per ciò che concerne i monumenti di Biella il più famoso è il Santuario di Oropa, ubicato nell’omonima frazione a circa 1159 metri di altezza e dedicato alla Madonna Nera.
Secondo la tradizione il Santuario di Oropa fu fondato da Sant’Eusebio, vescovo di Vercelli e patrono del Piemonte, tuttavia questa tesi non gode di riscontro documentale.

Nei secoli il santuario acquisì sempre più prestigio, poi nel 1885 fu posata la prima pietra della nuova chiesa, su un progetto risalente oltre un secolo prima ad opera dell’architetto alessandrino Ignazio Amedeo Galletti.
Poi il duomo di Biella, ovvero la cattedrale di Santo Stefano, patrono della città, realizzata in stile neogotico dal 1402 e ricca di decorazioni e opere d’arte.

Il battistero si trova tra il duomo e Palazzo Oropa, sorge sulle rovine di un precedente edificio pagano del X secolo e all’interno possiamo ammirare affreschi del 1318-1319 attribuiti alla Maestro di Oropa, pittore attivo sia nel Biellese che Canavese.

La Basilica di Santo Stefano, realizzata nel Cinquecento su progetto di Sebastiano Ferrero, diplomatico legato a Casa Savoia, ospita pregevoli pitture di artisti come Defendente Ferrari, di Chivasso (TO) e del torinese Rodolfo Morgari, mentre nel chiosco ha sede il Museo del Territorio Biellese.
Poi l’elegante chiesa dei Santi Paolo ed Elisabetta, realizzata in stile neogotico nel 1913-14 e quella della Santissima Trinità, eretta in stile barocco nel 1626 e ricca di decorazioni e affreschi.
La chiesa di San Giacomo in stile romano-gotico, fu consacrata nel 1227 e rappresenta l’edificio medievale più antico di borgo Piazzo.
Infine la chiesa di San Filippo, la prima pietra fu posata il 21 marzo 1789 dall’allora sindaco Claudio Fantone di Vigliano e realizzata su progetto dell’architetto comasco Carlo Ceroni.
Edifici storici
Palazzo Ronco, eretto nel 1925 su progetto dell’architetto torinese Gottardo Gussoni, allievo del celebre collega e concittadino Pietro Fenoglio, a cui si deve l’omonimo palazzo in stile liberty in corso Francia, a Torino.
Il medievale Palazzo Cisterna, poi rimaneggiato nel corso dei secoli, all’interno sono conservati affreschi a oggetto mitologico e romano oltre ad un camino monumentale del Seicento.
Casa Masserano, la facciata conserva alcuni affreschi come quello di inizio Settecento che raffigura una Madonna con Bambino accompagnata dai santi Rocco e Sebastiano, attribuito alla bottega novarese Daniele de Bosis.
Palazzo Gromo Losa, antica dimora signorile poi acquistata a fine Ottocento dalle Suore Rosminiane, la facciata sul giardino offre un panorama che spazia dalle Prealpi Biellesi alla pianura occidentale, fino alla collina della Serra.

Palazzo Gromo Losa – CC BY-SA 4.0
Nel 2004 il complesso è stato acquistato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Biella che ne ha promosso il restauro, oggi è un centro espositivo che fa da contenitore per progetti sociali e culturali.
Palazzo La Marmora, storica proprietà della famiglia Ferrero fin dal Trecento, ampliato e rimaneggiato nei secoli, oggi è un prezioso esempio di Casa Museo.
Nei giardini pubblici più antichi della città, realizzati nel 1875 e intitolati al botanico biellese Maurizio Zumaglini, troviamo la fontana dell’Orso, animale simbolo di Biella, opera dello scultore locale Giuseppe Maffei.
Musei di Biella
Il Museo del Territorio Biellese, all’interno del chiostro della Basilica di San Sebastiano raccoglie testimonianze del territorio, un affascinante viaggio nel tempo dalla preistoria fino al Novecento.
Il Museo, inaugurato nel dicembre 2001 si è arricchito nel corso degli anni, poi nel maggio 2011 ha aperto la zona archeologica, mentre nel giugno 2016 ha inserito le collezioni storico-artistiche, permettendo ai visitatori di scoprire l’evoluzione dell’arte locale.
Il Museo dei Tesori di Oropa e Appartamenti Reali dei Savoia conserva ori, gioielli, documenti, reperti e testimonianze storiche del Santuario.
Poi l’appartamento che fu a disposizione dei Savoia, dove oltre a mobili e arredamenti dell’epoca troviamo i ritratti dei primi sovrani che lo utilizzarono, ovvero Carlo Emanuele III e Vittorio Amedeo III.
Il Museo degli Alpini di Biella è ricco di materiale fotografico, cimeli di guerra, cartoline dei reparti alpini oltre ad una ricca documentazione che illustra avvenimenti, battaglie e vita nelle trincee.
Il giardino botanico di Oropa, vicino al Santuario conserva oltre 500 specie e sottospecie, oltre ad una ricca collezione di piante ornamentali composta da specie montane provenienti da tutto il mondo.
Infine il Museo Menabrea di Biella, il birrificio attivo più antico d’Italia, che conserva cimeli storici, macchinari originali del 1846, attrezzi degli antichi bottai, boccali, bottiglie, fotografie e immagini pubblicitarie dell’epoca.