Pietro Micca nacque il 5 marzo 1677 a Sagliano, in provincia di Biella e perì il 30 agosto 1706, durante l’assedio di Torino da parte delle truppe francesi.
Pietro Micca, battezzato come Joes Petrus Micha fu arruolato come minatore dell‘esercito e viene ricordato per il suo episodio di eroismo durante l’assedio di Torino, nel quale perse la vita.
Durante la guerra di successione spagnola Torino fu assediata da circa 40.000 soldati francesi, mentre i piemontesi contavano circa 10.000 uomini.
Il 7 settembre del 1706, dopo una violentissima battaglia i francesi dovettero ritirarsi.
L’assedio di Torino ebbe una forte risonanza internazionale, tanto che alcuni storici lo considerano come l’evento che diede inizio al Risorgimento.
Non sappiamo molto della vita di Pietro Micca prima del suo gesto eroico, che ebbe luogo la notte del 30 agosto 1706.
Sappiamo che Pietro Micca nacque dal matrimonio fra il padre Giacomo, muratore nativo di Sagliano, in provincia di Biella e la madre Anna Martinazzo, originaria della frazione Riabello di San Paolo Cervo, nella medesima provincia.
Pietro Micca lavorò come muratore, poi il 29 ottobre 1704 prese in moglie Maria Cattarina Bonino ed ebbero il figlio Giacomo Antonio.
In seguito si arruolò nella compagnia di minatori dell’esercito sabaudo, conosciuto con il soprannome di Passapertut, ovvero un tipo di chiave o dispositivo in grado di aprire numerose serrature.
Pietro Micca e l’assedio di Torino del 1706
Durante la guerra di successione spagnola Luigi XIV di Francia per motivi geopolitici decise di invadere il Piemonte.
Caddero Nizza, Vercelli, Susa e Chivasso, l’ultima a resistere fu la Cittadella di Torino, all’epoca una delle città meglio difese in Europa.
Sotto la Cittadella vi era un fitto labirinto di gallerie, nelle quali la compagnia di minatori collocava gli esplosivi per poi colpire gli assedianti.
La notte tra il 29 e il 30 agosto 1706, una squadra di granatieri francesi, dopo aver neutralizzato le sentinelle penetrò nella galleria sotterranea della Mezzaluna del Soccorso, tuttavia trovando la porta delle scale sbarrata, gli assedianti iniziarono a sfondarla.
Dietro quella porta c’era Pietro Micca e un suo commilitone.
La cronaca del generale Giuseppe Maria Solaro della Margherita, di Mondovì (CN) riporta che i due soldati piemontesi udendo colpi di arma da fuoco, compresero che non avrebbero resistito a lungo.
Così decisero di far scoppiare una carica di polvere nera nella parete della scala, per provocarne il crollo e fermare i francesi.
Per mettersi in salvo i due soldati dovevano usare una miccia a lenta combustione ed il compito era affidato al commilitone di Pietro Micca che tuttavia, per la tensione del momento non riuscì.
Così Pietro Micca lo allontanò dicendogli: “Togliti di lì, tu sei più lungo di un giorno senza pane! Lascia fare a me, salvati”.
In piemontese: “Gavte da lì, tì ‘t’ses pì longh ëd na giornà sènsa pan! Lassa fé a mì, pènsa a salvéte!”
Pietro Micca usò un tratto di miccia molto corta, altrimenti se fosse stata più lunga i francesi, che potevano entrate da un momento all’altro, avrebbero strappato la miccia evitando l’esplosione.
Pietro Micca cercò di mettersi in salvo dalla deflagrazione, tuttavia non fece in tempo e il suo corpo fu sbalzato a 40 passi di distanza, mentre i francesi morirono sul posto.
La scala oggetto dell’esplosione fu ritrovata nel 1958 grazie alle ricerche del generale Guido Amoretti, studioso e appassionato di archeologia, insieme al fotografo Emilio Rosso e al professore Alessandro Molli Boffa.
Nel 1961, in seguito al ritrovamento della scala, venne fondato il “Museo Pietro Micca e dell’assedio di Torino del 1706”.
La ricostruzione dell’episodio di Pietro Micca potrebbe anche essere di natura congetturale, tuttavia si basa su due elementi fondamentali:
- la cronaca del comandante di artiglieria Giuseppe Maria Solaro della Margherita
- la scoperta della scala nel 1958 che il minatore biellese fece saltare.
Nel 1700 l’episodio fu narrato senza esagerazioni, mentre nel secolo successivo sia la figura di Pietro Micca che il suo sacrificio vennero esaltati, soprattutto da chi lo considerava l’archetipo del patriota risorgimentale, disposto a donare la vita pur di difendere la sua terra.
Si presume che il primo letterario a citare Pietro Micca fu lo storico e scrittore inglese Edward Gibbon, che nel 1764 visitò la Cittadella di Torino, poi Felice Niccolò Durando, conte di Villa diede inizio all’esaltazione con il suo “elogio”.
La consacrazione del minatore biellese avvenne nel 1828, con grandi festeggiamenti in onore di Giovanni Antonio Micca, un suo discendente indiretto e con l’esposizione del primo quadro opera di Stefano Chiantore, ritrattista del Regno.
A Sagliano c’è ancora la casa nativa di Pietro Micca, fu visitata da Giovanni Garibaldi nel 1859, poi da Umberto I nel 1880 che inaugurò anche il monumento nella piazza del paese e da Margherita di Savoia nel 1906.
A Torino c’è una via intitolata a Pietro Micca, che collega la centralissima piazza Castello con piazza Solferino.
In via Francesco Guicciardini 7, poco distante dal Mastio della Cittadella, si trova il Museo Civico Pietro Micca e dell’Assedio di Torino del 1706.
Come accade per questo genere di eventi, è probabile che nel tempo l’episodio di Pietro Micca sia stato anche idealizzato, quindi arricchito con particolari privi di conferme storiche.
Infatti c’è chi mette in dubbio sia l’autore dell’esplosione e sia il fatto che la miccia fosse volutamente corta, quindi non si tratterebbe di un gesto eroico bensì di un errore del minatore dovuto all’imperizia o alla fretta del momento.
Alcuni sostengono che, anche se l’episodio di Pietro Micca non fosse avvenuto Torino non avrebbe vissuto un reale pericolo, questo per due motivi.
- Le gallerie erano troppo strette per far passare un numero di soldati sufficiente per mettere in pericolo la Cittadella.
- I francesi non potevano raggiungere la Cittadella attraverso la galleria “capitale bassa” della Mezzaluna del Soccorso, poiché trovandosi in una posizione militarmente sfavorevole sarebbero stati sopraffatti dai piemontesi.
In realtà l’intendo dei francesi era diverso, ovvero impadronirsi della galleria della Mezzaluna del Soccorso per poi farla saltare in aria.
È vero che con il tempo l’episodio può essere stato idealizzato, esaltandone sia le gesta che l’esito, tuttavia una cosa è certa, Pietro Micca non fuggì davanti al nemico, rimase ligio al dovere fino al sacrificio della vita.
Per ciò che concerne l’identità di Pietro Micca come autore dell’esplosione, sembra comprovata fin dal 1707 anche dal cronista Francesco Antonio Tarizzo che scrisse: tra i Minatori, uno d’Andorno per nome Pietro Mica” (perito con) “volontario sacrificio della sua vita”
Un ulteriore prova della sua identità è l’accoglimento della supplica presentata a Corte il 27 febbraio del 1707 da Maria Cattarina Bonino, vedova di Pietro Micca.
Nella supplica fu scritto che il marito eseguì un ordine del colonnello Giuseppe Amico di Castellalfero o agì “invitato dalla generosità del suo animo a portarsi a dare il fuoco a detta mina, non ostante l’evidente pericolo di sua vita”.
Maria Cattarina Bonino ottenne un vitalizio di due pani al giorno, poi si risposò nel 1709 con Lorenzo Pavanello, un disertore detenuto nelle carceri del Senato di Torino, dal quale ebbe dei figli.
Su Pietro Micca ci sono diverse opere letterarie, teatrali e cinematografiche, come la novella L’amor della patria del 1782 di Francesco Soave e I tre alla difesa di Torino nel 1706, scritto da Domenico Castorina (Catania) nel 1847.
Anche nel libro Cuore di Edmondo De Amicis, pubblicato nel 1886 si trovano alcuni accenni a Pietro Micca.
Nel 1852 presso il Teatro Carignano fu rappresentato il dramma in 5 atti “Pietro Micca”, di Vittorio Bersezio.
Poi furono scritti altri drammi dedicati sia a Pietro Micca che all’assedio di Torino, da Domenico Lopez nel 1857, Giovanni Fantini nel 1861, Raimondo Barberis nel 1869, Emilio Marengo nel 1874 e Felice Govean nel 1880.
Nel 1871 presso il Teatro Apollo di Roma fu rappresentato il ballo a otto quadri “Pietro Micca”, scritto dal coreografo e mimo milanese Luigi Manzotti, al quale seguirono repliche in altre città italiane.
Nel 1906 la rivista “La Domenica dei fanciulli” pubblicò in 4 puntate L’assedio di Torino nel 1706 di Paolo Dardana, cui seguì “Il figlio del granatiere”, un romanzo di Tito Gironi.
Nel 1938 uscì il film Pietro Micca del regista romano Aldo Vergano, ispirato al romanzo “I dragoni azzurri” dello scrittore novarese Luigi Gramegna.