L’antica abbazia di Novalesa, dedicata ai santi Pietro e Andrea si trova nell’omonimo comune in Val di Susa, è di proprietà pubblica dal 1972 poiché acquistata dalla Provincia di Torino e affidata ai monaci benedettini.
In seguito l’abbazia di Novalesa fu oggetto di valorizzazione sia artistica che storica, poiché come vediamo a breve, è ricca di storia e opere d’arte.
Storia dell’abbazia di Novalesa
Il documento storico che ne attesta la nascita risale al 30 gennaio 726 con l’atto di fondazione del franco Abbone di Provenza, all’epoca signore di Susa.
foto di Florian Pépellin – CC BY-SA 4.0 DEED
L’atto di fondazione dell’abbazia di Novalesa è il documento più antico dell’Archivio di Stato di Torino, seguito dal testamento di Abbone di cui una copia è conservata nella città francese di Grenoble.
La costruzione dell’abbazia fu diretta dal vescovo Walcuno di Moriana, disseminando le celle dei monaci sulla montagna circostante, mentre l’approvvigionamento avveniva attraverso dei carri che partivano da villaggi e corti all’epoca soggette al monastero.
Questo perché l’abbazia di Novalesa fu edificata nelle Alpi interne, al contrario degli altri monasteri dell’epoca eretti in prossimità degli sbocchi delle valli che, per la loro posizione strategica fungevano anche come basi dei franchi per le incursioni contro popolazioni nemiche.
Il primo abate fu tale Godone, con cui il monastero ottenne diversi privilegi dal re franco Pipino il Breve e da suo figlio Carlo Magno, come il pieno possesso dei beni di fronte a qualsiasi autorità laica ed ecclesiastica e la libera elezione dell’abate.
Lo stesso Carlo Magno portò il figlio Ugo all’abbazia di Novalesa, dove venne educato dall’abate Frodoino divenendo monaco e poi abate.
foto interni – CC BY-SA 4.0 DEED
All’epoca i domini dell’abbazia si estendevano fino al basso Piemonte e all’entroterra ligure, inoltre tenne rapporti con l’abbazia di San Colombano, in provincia di Piacenza vivendo il suo massimo splendore con l’abate Eldrado, originario di Ambel, oggi un comune francese.
Nel 906 l’abbazia di Novalesa venne saccheggiata e distrutta dai saraceni venuti dalla Provenza, tuttavia gran parte dei monaci riuscì a rifugiarsi a Torino presso la chiesa di Sant’Andrea, oggi santuario della Consolata, portando in salvo i codici della biblioteca.
Due dei monaci rimasti furono catturati dai saraceni e poi uccisi a Oulx, comune in val di Susa, probabilmente dove poi sorse la Prevostura di San Lorenzo, il principale centro di coordinamento cattolico dell’alta valle dall’XI al XVIII secolo.
Infatti la Prevostura sorse intorno alla prima metà dell’XI secolo nella piana di Oulx da alcuni sacerdoti locali su un precedente sito religioso danneggiato dai saraceni e probabilmente, alle dipendenze dell’abbazia di Novalesa.
Ciò compare nel Chronicon Novalicense, ovvero Cronaca di Novalesa riferendosi al presunto martirio dei due monaci dell’abbazia, ovvero Giusto e Flaviano.
Il Cronico Novaliciense è un manoscritto risalente alla metà dell’XI secolo che narra le vicende dei benedettini dell’abbazia di Novalesa dal 726, anno della sua fondazione, fino al 1050 circa.
Il testo fu scritto a Breme, in provincia di Pavia da un monaco anonimo che, dalle poche informazioni disponibili avrebbe fatto parte del gruppo di religiosi che rifondarono l’abbazia.
Infatti i monaci superstiti all’incursione saracena del 906 fondarono poi il monastero di Breme, da cui nell’XI secolo partirono alcuni religiosi che ripopolarono l’abbazia di Novalesa, costituendo insieme ad alcuni villaggi della valle una circoscrizione ecclesiastica che durò diversi secoli.
Dalla metà del XV secolo l’abbazia di Novalesa fu retta da alcuni amministratori locali, poi dal 1480 da alcuni abati su commenda della famiglia Piovana di Leinì, in provincia di Torino.
Dal 1646 i monaci cistercensi sostituirono i benedettini, poi nel 1798 a seguito dell’occupazione napoleonica vennero espulsi dall’allora Governo provvisorio piemontese.
Dopo la caduta di Napoleone Bonaparte i monaci tornarono a Novalesa rifondando l’abbazia, tuttavia dovettero abbandonarla di nuovo nel 1855 a causa della legge Siccardi, che sanciva la separazione tra Stato e Chiesa nel Regno di Sardegna.
Così gli edifici furono messi all’asta e trasformati in un albergo termale, mentre la biblioteca ed i manoscritti furono trasferiti presso l’Archivio di Stato di Torino.
L’abbazia di Novalesa divenne anche sede estiva del Convitto Nazionale Umberto I di Torino.
Infine nel 1972 la Provincia di Torino acquistò tutto il complesso monastico, affidandolo ai monaci benedettini provenienti da Venezia.
Abbazia di Novalesa
L’abbazia di Novalesa è divisa in chiesa abbaziale e edificio monastico.
foto di franco56 – pubblico dominio
L’abbazia conserva le tracce dei precedenti edifici e si sviluppa attorno a un cortile che ospita le due ali del chiostro cinquecentesco, al cui incrocio si erge il campanile eretto tra il 1725 e il 1730 e alto 22,5 metri.
La chiesa abbaziale in stile barocco, dedicata ai santi apostoli Pietro e Andrea fu realizzata nel XVIII secolo al posto di una precedente chiesa romanica dell’anno mille, di cui rimangono alcuni affreschi.
Alcuni arredi sacri, dopo la soppressione dell’Ottocento furono trasferiti nella chiesa parrocchiale, oggi visionabili presso il Museo Diocesano di arte sacra.
Invece la cassa del reliquario del XII secolo si trova nel Vallese, in Svizzera, mentre il grande coro ligneo fu venduto alla parrocchia di Bardonecchia (TO) e attualmente, è conservato nella chiesa di Sant’Ippolito.
Le cappelle
L’abbazia di Novalesa e le sue cappelle conservano un ricchissimo patrimonio di eleganti pitture a muro, databili tra l’VIII e il XV secolo.
cappella di San Michele – CC BY-SA 4.0
Il parco ospita 4 cappelle, di cui tre a sud dello sperone roccioso, mentre quella di Santa Maria si trova sulla sinistra dell’antica strada che conduceva al convento.
Nella cappella di Santa Maria, un piccolo edificio a navata unica, possiamo ammirare due affreschi risalenti al Quattrocento.
La cappella di San Michele subì profonde trasformazioni in epoca barocca, mentre quella di San Salvatore, grazie ai recenti restauri è stata riportata a una forma simile all’originale.
La più famosa è la cappella dedicata a sant’Eldrado, abata dell’abbazia di Novalesa nel IX secolo, che conserva due cicli di affreschi di cui uno dedicato a San Nicola di Bari.
cappella Sant’Eldrado – CC-BY-SA 4.0
Il Museo archeologico dell’abbazia di Novalesa espone gran parte dei reperti più significativi emersi negli scavi, oltre a due sezioni dedicate alla storia monastica e al restauro del libro.
I reperti, ordinati per fasce cronologiche vanno dall’epoca imperiale romana a quella gotica, mentre nella sala dedicata alla Storia del Monachesimo e alla Vita Monastica troviamo una raccolta di reperti che testimoniano la vita dei monaci all’abbazia di Novalesa.
Ottima esposizione storica e artistica, ho visitato l’abbazia e corrisponde perfettamente al tutto. Il luogo è bellissimo e suggestivo, si respira un’ aria di serenità mistica.
Grazie.
Sì, è un posto con un’energia molto particolare.