Chivasso si trova a circa 25 km da Torino, tra Canavese e Monferrato e, nonostante le sue piccole dimensioni fu uno dei centri più importanti nella storia del Piemonte.
Infatti Chivasso fu anche capitale del Marchesato del Monferrato ed ebbe un ruolo importante nell’assedio di Torino del 1706, evento determinante per l’allora geopolitica europea.
Storia di Chivasso
Secondo teoria comune il nome Chivasso è di origine tardo latina, poiché il termine Clavasium deriverebbe dal toponimo clivus che, con l’aggiunta del suffisso aceus assume il significato di luogo fronteggiante la collina.
I primi insediamenti tra l’VIII e il II a. C. risalgono sia alla popolazione celtica dei Salassi, stanziati tra Canavese e valle della Dora, sia alle tribù galliche che all’epoca occupavano Italia settentrionale.

Poi sulla via Gallica, in prossimità dell’area chivassese, intorno al II secolo a. C. sorse una colonia romana che fungeva sia da accampamento che da stazione di rifornimento.
La via Gallica era l’antica strada romana che da Guado, in provincia di Gorizia attraversava la Pianura Padana terminando poi ad Augusta Taurinorum, l’attuale Torino.
Fino al XII secolo le notizie sono estremamente scarse, infatti le prime fonti certe risalgono al 1164 quando l’imperatore Federico Barbarossa diede in feudo Chivasso a Guglielmo VI, marchese del Monferrato.
All’epoca l’imperatore era in continua lotta contro i liberi comuni dell’Italia settentrionale, quindi avere un feudo alleato in prossimità delle vie Gallica e di Francia, gli dava un vantaggio strategico.
Nel 1172 Chivasso fu conquistata dalla Lega Lombarda, poi ne 1178 tornò ai marchesi del Monferrato che la eressero a loro residenza ufficiale.

La Lega Lombarda fu un’alleanza militare di diversi liberi comuni dell’Italia settentrionale, nata per contrastare le mire espansionistiche del Sacro Romano Impero.
Sotto il Monferrato Chivasso visse un periodo di forte prosperità, fu dotata di castelli, torri e mura, oltre al privilegio di tenere mercati e fiere.
Nel 1307 il marchese Teodoro I istituì la zecca di Chivasso, con facoltà di coniare monete d’oro e argento, poi il nipote Teodoro II iniziò l’edificazione della chiesa di Santa Maria, presente ancora oggi.
Nella seconda metà del Trecento le mire espansionistiche del Monferrato trovarono l’opposizione sia dei Savoia che dei Visconti di Milano che, nel 1370 occuparono Casale.
Le lotte proseguirono fino al XV secolo, poi nel 1427, nel periodo delle guerre di Lombardia Giovanni Giacomo del Monferrato, figlio di Teodoro II si alleò con Venezia contro Milano.
Le guerre di Lombardia furono una serie di conflitti iniziati nel 1423 tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia, inclusi i rispettivi alleati, terminati poi nel 1454 con la Pace di Lodi.

Giovanni Giacomo ebbe la peggio, così Casale fu occupata dalle truppe di Francesco Sforza, poi quando il marchese del Monferrato si rifugiò a Chivasso, Amedeo VIII di Savoia gli dichiarò guerra.
Attaccato su due fronti e senza speranza di vittoria, Giovanni Giacomo nel 1435 dovette cedere Chivasso al Piemonte che, sotto i Savoia divenne uno dei centri più importanti del Canavese.
Inoltre fiorirono attività come mercanti, artigiani, argentieri e intagliatori in legno, poi nel 1487 fu completata la chiesa di Santa Maria Assunta, il monumento più importante della città.
Nello stesso periodo Chivasso divenne anche meta di poeti, filosofi e soprattutto pittori, infatti fu sede delle botteghe sia del casalese Giovan Martino Spanzotti che del celebre chivassese Defendente Ferrari.

La situazione cambiò nel secondo decennio del Cinquecento, quando Carlo V di Spagna mosse verso Pavia con 12.000 mercenari Lanzichenecchi che, dopo violenze e saccheggi fecero piombare la città in un degrado senza precedenti.
Poi con il trattato di pace di Chateau-Cambrésis del 1559, i territori tornarono ai Savoia.
Assedio di Chivasso
Il contesto è la guerra di successione spagnola, uno dei conflitti europei più importanti del XVII secolo, durante il quale Chivasso fu assediata dai francesi che marciavano verso Torino.
I documenti ritrovati in archivi e biblioteche europee evidenziano come l’evento di Chivasso fu cruciale per il successivo assedio di Torino del 1706, determinando sia le sorti del Regno di Sardegna che la futura geopolitica europea.

Battaglia di Torino di Karl von Blaas – licensed under CC BY-SA 4.0
Infatti Chivasso, grazie alla sua tenace resistenza non solo tardò l’avanzata francese verso Torino, bensì ne logorò sia le truppe che le risorse, al punto da comprometterne la campagna militare.
La guerra di successione spagnola, che andò avanti dal 1701 al 1714 vide Spagna e Francia contro Olanda, Inghilterra, Monarchia asburgica, Ducato di Mantova e Monferrato e Ducato di Savoia.
Vittorio Amedeo II, inizialmente schierato con Luigi XIV di Francia, detto Re Sole nel 1703 passò alla controparte, attirato dai compensi territoriali promessi dagli asburgici.
La Francia reagì immediatamente imprigionando le truppe piemontesi in Lombardia, poi invase la Savoia con due armate, mentre una terza franco-spagnola entrò in Piemonte da Est.
Nel 1703 i francesi occuparono Casale ed Asti, intimando a Vittorio Emanuele II di arrendersi consegnando Cuneo e Verrua (TO), tuttavia il sovrano rifiutò, ricostituì l’esercito con le milizie provinciali e chiese aiuto al cugino Eugenio di Savoia, comandante delle forze imperiali.

Eugenio di Savoia dipinto da Jacob van Schuppen – licensed under CC BY-SA 4.0
Così un corpo d’armata austriaco di 14.000 uomini, guidati dal generale Guido von Starhemberg iniziò ad attraversare la Pianura Padana verso il Piemonte, superando i continui attacchi francesi.
Nella primavera 1704, sul fronte ovest i transalpini iniziarono ad assediare le città che sbarravano la strada verso Torino, cadde prima Montmélian, nell’attuale Savoia, il 12 giugno toccò a Susa, il 25 luglio Vercelli e il 30 settembre Ivrea.
Il Forte di Bard (AO) si arrese il 7 ottobre senza combattere, poiché il colonnello svizzero Johann FranzReding passò con i francesi insieme al suo reggimento.
Il 14 ottobre l’artiglieria transalpina iniziò a bombardare le mura di Verrua, così Vittorio Amedeo II ordinò l’ultima linea difensiva a Chivasso, all’epoca dotata di mura, 4 bastioni e un largo fossato.
Come rinforzo fu creato un pendio artificiale e una strada coperta che oltrepassava il Po con due ponti di barche, congiungendosi poi all’altra linea difensiva che risaliva sulla collina di Castagneto.
Verrua si arrese il 7 aprile 1705, poi il duca di Vendome, dopo aver riorganizzato le truppe e ricevuto rinforzi giunse a Chivasso il 16 giugno 1705, convinto di prenderla facilmente.

I primi due assalti del 17 e 19 giugno, sulla collina di Castagneto furono respinti dai piemontesi, poi l’incursione della cavalleria austro-savoiarda del 21 giugno mandò in rotta cinque squadroni di quella francese.
La notte del 23 giugno, con il supporto dei cannoni i francesi riuscirono ad avanzare con le trincee, mentre il terzo attacco del 30 giugno venne nuovamente respinto dai piemontesi.
Il generale Louis de Fieux Lapara, comandante degli ingegneri riuscì a convincere il duca di Vendome a non attaccare solo di fanteria, bensì concentrare l’artiglieria direttamente sulla città.
Così Chivasso fu sottoposta a continui bombardamenti e il 2 luglio, l’artiglieria francese mozzò a cannonate il campanile della chiesa di Santa Maria Assunta.
Il 4 luglio, una delle giornate più sanguinose dell’assedio, i piemontesi tentarono di riconquistare la strada davanti al bastione di San Bernardino, tuttavia furono respinti.

Qualche giorno dopo i francesi provarono a riattaccare la collina, ma furono rallentati dai fornelli di contromina scavati sotto le trincee piemontesi.
L’11 luglio Vendome lasciò il comando al duce La Feuillade, avviandosi con parte dell’esercito verso il fronte lombardo, poiché minacciato dalle truppe del Principe Eugenio.
Verso metà luglio, quando i francesi riuscirono a portare le trincee sotto il bastione San Bernardino, la tenace resistenza della piccola Chivasso iniziò a suscitare l’ammirazione delle corti europee, anche grazie ai dispacci olandesi e inglesi.
Nella seconda metà di luglio i francesi scatenarono su Chivasso un vero e proprio inferno di fuoco, quantificato dagli stessi assedianti in 41.000 palle di cannone e 26.000 bombe da mortaio.
Il 28 luglio il duca di La Feuillade guadò il torrente Orco con la cavalleria e, aggirato il fronte sbaragliò quella austro-piemontese spingendola fino a Settimo torinese, alle porte della capitale.
Chivasso fu occupata da una guarnigione delle Fiandre e la popolazione, oltre a dover pagare ingenti tributi dovette accogliere nelle case i soldati nemici.

I francesi arrivarono alle mura di Torino con l’esercito che, oltre che essere a corto di munizioni era talmente logorato da non poter iniziare un nuovo assedio, permettendo a Vittorio Amedeo II di riorganizzare le difese.
Poi dopo la vittoria piemontese del 7 settembre 1076, durante il famoso assedio di Torino, l’ultima guarnigione francese di Chivasso si arrese il 18 dello stesso mese, e la città tornò ai Savoia.
Arriviamo al 1753, quando Chivasso festeggiò la beatificazione del letterato e umanista concittadino Angelo Carletti (1410 – Cuneo, 11 aprile 1495), oggi patrono della città.
Angelo Carletti, dopo gli studi di diritto civile e canonico a Bologna esercitò la professione forense, poi rinunciò alla toga, vendette i suoi beni e, dopo aver distribuito il ricavato ai poveri prese i voti con i francescani con il nome di Frate Angelo.

Poi promosse la costituzione dei Monti di Pietà, contro i fenomeni di usura e scrisse diverse opere di grande altezza morale, attuabili ancora oggi.
Nel suo testo Summa casuum conscientiae, stampato la prima volta nel 1846, Angelo Carletti raccolse un insieme di regole per vivere la vita secondo il credo cattolico, affrontando anche diversi temi sociali.
L’opera, assolutamente all’avanguardia per l’epoca pose l’attenzione anche sulla tutela dei lavoratori, ottenendo grande successo, tanto che nei trent’anni successivi fu stampata altrettante volte, divenendo conosciuta come Summa Angelica.
Nel 1800, dopo un assedio di diverse settimane Chivasso passò sotto Napoleone Bonaparte e incluso nel Dipartimento della Dora, furono abbattute le fortificazioni che, nei decenni successivi diedero forma ai viali esistenti ancora oggi, poi dopo il congresso di Vienna del 1815 la città tornò ai Savoia.

Nel 1863 iniziarono i lavori per il Canale Cavour, una maestosa opera di ingegneria idraulica lunga oltre 80 km che, partendo da Chivasso permise di riqualificare le risaie delle province di Vercelli e Novara.
Nel 1870 venne eretto il ponte sul fiume Po, poi furono realizzate sia la stazione ferroviaria che l’Ospedale Civico e, permettendo un forte sviluppo industriale.
Nello stesso periodo Chivasso aumentò anche la sua importanza commerciale, sorsero alberghi e locande, oltre all’incremento di allevamento e mercato del bestiame.
Il primo conflitto mondiale, oltre alla gravissima crisi economica fece numerose vittime tra i chivassesi, ai quali nel 1919 fu dedicato il monumento raffigurante la dea Vittoria che incorona un soldato italiano.
La situazione migliorò nel ventennio, rifiorì l’economia, furono aperte diverse fabbriche oltre a due nuove sedi per i mercati cittadini, il Foro Boario e la Tettoria del Mercato dei Polli.
Con la seconda guerra mondiale Chivasso, come il resto del Piemonte divenne terreno di battaglie, rastrellamenti e scontri tra partigiani e nazifascisti, mentre il 12 maggio 1944 un bombardamento angloamericano colpì la stazione e le case vicine, provocando più di 70 morti e diversi feriti.
Alla fine degli anni ’50 vi fu il boom economico, con conseguente espansione sia edilizia che demografica, infatti tra il 1951 e il 1971 la popolazione di Chivasso raddoppiò.

Il 20 dicembre 1959 il Ministro degli Affari Esteri, il biellese Giuseppe Pella pose la prima pietra del complesso industriale Lancia, dotato di impianti tecnologicamente all’avanguardia per l’epoca.
Poi nel 1969 la Lancia passò alla Fiat e nel 1972 dallo stabilimento di Chivasso uscirono i primi esemplari della Beta, fino ai successi dei modelli Delta e Prisma.
Nel 1990 aleggiava l’idea di una possibile chiusura dello storico stabilimento chivassese, poi confermata nell’estate 1992, nonostante il recente investimento della Lancia Delta, che fu trasferita alla sede di Rivalta.
Cosa visitare a Chivasso
Il monumento più famoso è la chiesa di santa Maria Assunta, chiamata erroneamente duomo di Chivasso, eretta in stile tardo gotico all’esterno e barocco all’interno tra il 1415 e il 1487, ricca di decorazioni e opere d’arte.

La chiesa di Santa Maria degli Angeli, realizzata dal 1584 al 1607 fu rimaneggiata nel Settecento dall’architetto torinese Bernardo Antonio Vittone, anch’essa è ricca decorazioni e opere d’arte.
Poi la chiesa di San Giovanni Evangelista, in frazione boschetto, risalente al Cinquecento e quella dei Santi Giovanni Battista e Marta, realizzata tra il 1707 e il 1751.
Il Santuario della Beate Vergine di Loreto del XVII secolo, poi riedificato nel 1897 dall’ingegnere torinese Enrico Mottura, sulla volta possiamo ammirare l’affresco del pittore torinese luigi Morgari che raffigura il miracoloso trasporto di Cristo della Santa Casa da Nazareth a Loreto.
Infine l’elegante chiesa di San Giovanni Battista e Rocco, realizzata intorno al 1758 dall’architetto di Chivasso Paolo Lorenzo Garrone, ricca di pregevoli affreschi ottocenteschi.

Edifici storici
La Torre ottagonale, uno dei simboli di Chivasso è ciò che rimane dell’antico castello eretto nel XII secolo da Guglielmo IV del Monferrato, poi nel Quattrocento fu innalzata fino a venti metri.
Palazzo Santa Chiara, sede del Municipio fu edificato tra il 1739 e la metà del secolo come convento delle Clarisse Osservanti, su progetto del padre cuneese Antonio Faletti di Barolo.

Palazzo Municipio Chivasso – CC BY-SA 4.0
Al pian terreno fu allestito il Teatrino Civico, tutt’ora attivo, su progetto dell’ingegnere piemontese Fausto Gozzano, padre del celebre poeta torinese Guido, poi inaugurato il 16 ottobre 1864 dalla compagnia chivassese dei Dilettanti Filodrammatici.
Palazzo Luigi Einaudi del Seicento, inizialmente destinato per scopi militari nel 1993 passò al comune di Chivasso e, dopo il restauro del 2000 divenne Palazzo dell’Economia e del Lavoro Luigi Einaudi.
Sul timpano troviamo l’Orologio del Tempo Nuovo, un sistema nato con il calendario rivoluzionario francese, quando il giorno fu suddiviso in 10 ore di 100 minuti, ciascuno con 100 secondi, poi soppresso dallo stesso Napoleone Bonaparte il 9 settembre 1805.

Il barocco Palazzo Tesio del XVIII secolo, dove nel 1943 fu sottoscritta la Dichiarazione dei rappresentanti delle Popolazioni Alpine, nota come la Carta di Chivasso.
Il documento, redatto durante un convegno del CLN di Chivasso, Comitato di Liberazione Nazionale costituisce la base del moderno pensiero Autonomista e Federalista Italiano.
Poi il caratteristico Lapis Longus, secondo gli storici monumento funerario del VI-VII secollo a. C. è alto 4 metri e presenta incisioni circolari che richiamano analoghi reperti di Lugnacco e Mazzè, entrambe in provincia di Torino.
La pietra fu ritrovata nel 1499 nei pressi dell’antica chiesa di San Michele, tra la collegiata di Santa Maria Annunziata e il castello, poi rimossa durante la sistemazione dell’area.

foto di Ambra75 – CC BY-SA 4.0
Dal 1649 fu collocata nella piazza del castello come berlina, dove i debitori insolventi oltre a subire il sequestro dei beni venivano esposti seminudi al pubblico e costretti a battere le natiche sulla pietra.
Il Lapis Longus venne rimosso nel 1798 durante l’occupazione francese e spostata alla periferia Ovest di Chivasso, poi nei primi del Novecento, con la sistemazione di viali e giardini divenne una panchina.
L’antica pietra fu segnalata alla Soprintendenza dallo storico locale Luciano dell’Olmo, che ne intuì la rilevanza archeologica, poi recuperata nel 1992 per essere sottoposta a studio e restauro.
La chiavica di Chivasso, risalente alla seconda metà dell’Ottocento è l’edificio di imbocco del Canale Cavour che, lungo quasi 83 km rappresenta una delle massime espressioni dell’ingegneria ottocentesca.

Il canale fu realizzato in soli tre anni, dal 1863 al 1866 per volontà di Camillo Benso di Cavour, con lo scopo principale di irrigare le risaie di Vercelli e Novara.
Già negli anni ’40 dell’Ottocento l’agrimensore vercellese Francesco Rossi ne ideò la realizzazione, ma il progetto fu abbondonato probabilmente perché passava nelle proprietà del Conte di Cavour.
Tuttavia l’idea fu mantenuta e l’opera venne affidata nel 1852 all’ingegnere Carlo Noè, ritratto nel monumento bronzeo a fianco della chiavica di Chivasso, opera del 1898 dello scultore Francesco Porzio.
Nota: l’agrimensura è quella parte della tipografia inerente alla misura planimetrica delle superfici agrarie.
Infine la Mandria di Chivasso, un complesso realizzato tra il 1760 e il 1770 come azienda economica di proprietà regia, dipendete da Venaria Reale e destinata all’allevamento dei cavalli.
Alla vigilia delle prima guerra mondiale, parte della tenuta fu adibita a campo di aviazione e riparazione di veicoli arerei, poi nell’autunno 1918 gli hangar furono convertiti in baracche per ospitare oltre 20.000 soldati polacchi, in attesa di tornare in patria.
Nocciolini di Chivasso
I Nocciolini di Chivasso sono dei piccoli dolci composti da nocciole Tonda gentile delle Langhe, sgusciate e tostate, meringa, albume d’uovo e zucchero, poi la pasta ricavata viene fatta colare a goccia e cotta in forno.
I Nocciolini nacquero intorno al 1850 grazie al pasticcere Giovanni Podio, poi il genero Ernesto Nazzaro li portò sia all’Esposizione di Parigi del 1900 che a quella di Torino del 1911
I Nocciolini di Chivasso ebbero tale successo che, già nel 1904 Ernesto Nazzaro ottenne il brevetto dal ministero del commercio del Regno d’Italia, poi Vittorio Emanuele III di Savoia gli concesse il titolo di fornitore della Real Casa.
I Nocciolini, tipici anche del territorio Canavese sono riconosciuti come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (P.A.T.) Italiano.