La Biblioteca Nazionale di Torino, nonché la prima pubblica del Regno d’Italia si trova in piazza Carlo Alberto e fu costruita nelle ex scuderie di Palazzo Carignano, delle quali è ancora visibile la facciata.
Il patrimonio librario della Biblioteca Nazionale di Torino comprende volumi a stampa, sia rari che storici, diverse raccolte, cinquecentine, manoscritti, periodici, incunaboli, disegni.
Storia della Biblioteca Nazionale di Torino
La biblioteca risale al 1720, quando Vittorio Amedeo II riunì i volumi della biblioteca della Regia Università con quelli della ducale, che custodiva un’ampia collezione di manoscritti e codici minati, acquisiti soprattutto da Amedeo VIII.
Infatti Amedeo VIII, come altri principi dell’epoca riteneva che, una ricca biblioteca fosse strumento sia di credito politico che di potere.
Con il tempo la Biblioteca Universitaria acquisì sempre più prestigio, anche grazie a numerose acquisizioni e lasciti, come i 621 rarissimi manoscritti talmudici in ebraico donati dall’astronomo e fisico torinese Tommaso Valperga di Caluso.
Dato il grande patrimonio bibliotecario, l’abate Giuseppe Masini, prefetto della Regia Biblioteca Universitaria, compilò il repertorio dei manoscritti custoditi insieme ai bibliografi Antonio Rivautella e Francesco Berta.
Nel 1824 il ministro Balbo incaricò il filologo classico e antichista Amedeo Peyron di raccogliere i manoscritti medievali dello Scriptorium dell’Abbazia di San Colombano a Bobbio, in provincia di Piacenza.
Questo perché, dopo la soppressione dei monasteri voluta da Napoleone Bonaparte nel 1810, gli antichi manoscritti dell’abbazia rischiavano di andare perduti.
Lo Scriptorium di Bobbio nel 982 custodiva oltre 700 manoscritti e tra il VII e il IX secolo fu uno dei maggiori centri di produzione libraria c’Europa.
Nota, il citato Amedeo Peyorn, filologo classico, antichista, studioso di diritto antico, di papirologia e docente universitario di Lingue orientali non è da confondere con l’omonimo Peyron, che invece fu Sindaco di Torino dal 1951 al 1962.
Sempre nell’Ottocento la Biblioteca di Torino ottenne diverso materiale proveniente da illustri accademici dell’epoca, come lo storico cuneese Carlo Denina, l’epigrafista di Alba Giuseppe Vernazza.
Poi il chierese Prospero Balbo, presidente perpetuo dell’Accademia della scienze di Torino, rettore dell’Università di torinese e ministro del Regno di Sardegna, il senatore del Regno d’Italia Carlo Alfieri di Sostegno, il militare conte Cesare Saluzzo di Monesiglio, il nobile Carlo Emanuele dal Pozzo della Cisterna.
Nel 1873 la Biblioteca di Torino fu dichiarata nazionale, la prima pubblica del Regno d’Italia e il patrimonio culturale contava anche manoscritti italici, latini, francesi, ebraici, bizantini e greci.
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Alcuni manoscritti provenivano dallo Scriptorium dell’Abbazia di Staffarda (CN), altri erano appartenuti al Cardinale della Rovere, 216° papa della Chiesa Cattolica e ricordato come il fondatore dei Musei Vaticani.
Nel 1900 la Biblioteca Nazionale di Torino, oltre ai 250.000 volumi a stampa custodiva circa 10.300 incisioni, 4.500 manoscritti, 1.090 incunaboli, centinaia di codici minati e alcune rare carte geografiche.
Incendio della Biblioteca nazionale di Torino
La notte tra il 25 e 26 gennaio 1904, un violento incendio distrusse circa un terzo del patrimonio librario, oltre alla metà dei materiali più preziosi, ovvero manoscritti, incunaboli e codici minati.
Le cause dell’incendio non furono mai accertate, anche se l’ipotesi fu un corto circuito dell’impianto elettrico, estesosi poi con rapidità tra le strutture di legno ed i volumi.
Biblioteca nazionale di Torino negli anni Venti
I Vigili del Fuoco, accorsi dalla Caserma di corso Regina Margherita pur fermando il fuoco con l’acqua imbevvero carte e pergamene, causando danni irreparabili.
Inoltre i guardiani, ovviamente in buona fede, per salvare i pezzi più rari li lanciarono dalle finestre che, nell’impatto sul selciato si sbriciolarono.
Secondo la stampa dell’epoca le sezioni più danneggiate furono quelle dei manoscritti italiani, francesi e orientali.
Andarono perduti rarissimi manoscritti bizantini, alcuni persiani di carattere astronomico, il codice miniato “Diplomaire” risalente al 1286, decorato con oro e composto da 258 fogli di pergamena.
Andò perduta anche una delle due uniche copie esistenti del “Livre du Chevalier Errant”, in italiano “Libro del Cavaliere Errante”, composto a Torino da Tommaso III di Saluzzo tra il 1394 e il 1396, mentre era prigioniero degli Acaja presso Palazzo Madama.
L’incendio che la notte tra il 25 e 26 gennaio 1904 devastò la Biblioteca Nazionale di Torino fu una catastrofe sia per la cultura italiana che mondiale.
Anche i giornali esteri dell’epoca diedero risalto alla notizia, diverse Università ed istituzioni europee organizzarono convegni per comprendere quanto l’incendio della Biblioteca Nazionale di Torino avesse colpito la cultura mondiale.
Per comprendere l’entità dei danni, è bene ricordare che nel 1904 cadeva il quinto centenario dell’Università di Torino.
Nonostante fossero state invitate delegazioni di professori e studenti da tutte le Università europee e approntate le cerimonie, in segno di lutto non ci furono festeggiamenti.
Occorre anche dire che, dall’incendio della Biblioteca Nazionale di Torino nacque una gara di solidarietà che coinvolse istituzioni culturali di tutto il mondo.
Infatti decine di migliaia di libri, anche di notevole importanza partirono alla volta di Torino da parte di biblioteche, università e realtà private sia italiane che estere.
Nel dicembre dello stesso anno la direzione della Biblioteca Nazionale di Torino fu affidata al parmense Giuliano Bonazzi, che aveva lavorato come bibliotecario all’Estense universitaria di Modena, poi all’universitaria di Sassari e all’Alessandrina di Roma.
Giuliano Bonazzi intraprese subito un’opera di ricostruzione e riordinamento, riaprendo al pubblico dopo meno di un anno.
Nel 1956 i ministeri dell’istruzione e dei lavori pubblici indissero un concorso per realizzare la nuova sede bibliotecaria in piazza Carlo Alberto, nelle ex scuderie di Palazzo Carignano, di cui venne conservata la facciata mentre il restante fabbricato fu costruito ex novo.
Palazzo Carignano
I lavori iniziati nel 1958 si conclusero nel 1972, poi completate le procedure di trasferimento del patrimonio librario, la Biblioteca Nazionale di Torino fu inaugurata nel febbraio 1976.
All’interno c’è una delle sale letture più grandi d’Europa e il ricchissimo patrimonio comprende rari volumi a stampa, collezioni, manoscritti, incunaboli, incisioni, disegni.
Inoltre la Biblioteca Nazionale di Torino conserva il 98% dei manoscritti autografati del musicista veneziano Antonio Vivaldi, un patrimonio unico al mondo acquistato da due famiglie torinesi.
Le collezioni sono organizzate in due raccolte, 167 manoscritti e 145 opere di stampa della raccolta Renzo Giordano, 9 manoscritti e 66 opere di stampa della collezione Mauro Foà.
La biblioteca torinese custodisce anche il Canzoniere di Torino, un manoscritto musicale di opere sinfoniche spagnole fra rinascimento e barocco, risalenti tra il XVI e il XVII secolo.
Inoltre la Biblioteca Nazionale di Torino conserva la collezione della Regina Margherita e il Corpus Juvarrianum, un fondo che raccoglie buona parte dei disegni dell’architetto messinese Filippo Juvarra, molto attivo alla corte dei Savoia.