L’assedio di Torino avvenne nel 1706 durante la Guerra di successione spagnola (uno dei più importanti conflitti europei del XVIII secolo), quando circa 40.000 soldati francesi assediarono la cittadella sabauda, con il chiaro intento di conquistarla.
Durante l’assedio di Torino la Cittadella era difesa da circa 10.000 soldati sabaudi che, sotto la guida del principe Eugenio e Vittorio Amedeo II di Savoia, il 7 settembre 1706 dopo una violentissima battaglia costrinsero i francesi alla ritirata.
Battaglia di Torino di Karl von Blaas – licensed under CC BY-SA 4.0
L’assedio di Torino ebbe una forte risonanza internazionale, tanto che alcuni storici lo considerano come l’evento che diede inizio al risorgimento.
Storia dell’assedio di Torino
Nel 1700 il Re di Spagna Carlo II d’Asburgo morì senza lasciare discendenti.
Leopoldo I d’Asburgo (Austria) aveva sposato la sorella del Re di Spagna Carlo II, mentre Luigi XIV di Francia, detto il Re Sole aveva sposato la sorellastra del Re spagnolo.
Gli Asburgo d’Austria appartenevano alla dinastia che fino ad allora aveva regnato in Spagna e di conseguenza avanzavano pretese, poiché la posta in gioco era il controllo della Spagna e dei suoi possedimenti.
Quando venne aperto il testamento del Re che configurava la nuova alleanza tra Spagna e Francia, sovvertendo gli equilibri europei dell’epoca, il conflitto che poi portò all’assedio di Torino fu praticamente inevitabile.
Si formarono due schieramenti, Francia e Spagna da una parte e Impero Asburgico, Portogallo, Inghilterra, Paesi Bassi e Danimarca dall’altra.
Il Ducato di Savoia era il naturale collegamento tra Francia e Spagna, poiché la Lombardia era sotto il controllo spagnolo, quindi per evidenti motivi strategici Luigi XIV praticamente impose a Vittorio Amedeo II l’alleanza con Francia e Spagna.
Invece Vittorio Amedeo II si alleò con gli Asburgo, gli unici che in caso di vittoria potevano garantire l’indipendenza del Piemonte.
Vittorio Amedeo II di Savoia ritratto dal pittore svedese Martin van Meytens
Così Luigi XIV si preparò a invadere il Piemonte che all’epoca era tra due fuochi, a ovest la Francia e ad est la Lombardia controllata dagli spagnoli.
Caddero Chivasso, Susa, Vercelli e Nizza, l’ultima a resistere fu la Cittadella di Torino, fatta edificare quasi un secolo e mezzo prima da Emanuele Filiberto I di Savoia.
All’interno della Cittadella c’era era il Cisternone, un grosso pozzo del diametro di 20 metri che prendeva l’acqua dalla falda sottostante, assicurando costanti riserve idriche nonostante l’assedio.
Cisternone della Cittadella di Torino basato su un disegno del 1664 dell’ingegnere militare Michelangelo Morello – licensed under CC BY-SA 3.0
Sotto la Cittadella vi era un fitto labirinto di gallerie, determinanti furono quelle di contromina in cui la compagnia minatori del battaglione d’artiglieria collocava gli esplosivi, con lo scopo di colpire gli assedianti.
La popolazione di Torino si preparò all’assedio creando anche barricate, utilizzando i viveri accumulati nelle scorte, quelli delle cascine e l’acqua del Cisternone.
La situazione peggiorò quando i francesi chiusero le strade di campagna e intercettarono i rifornimenti di munizioni che arrivavano via fiume.
Gli intensi bombardamenti mietevano vittime fra la popolazione, infatti durante l’assedio di Torino le truppe franco-spagnole lanciarono sulla città migliaia di ordigni fra bombe, palle di cannone e granate.
L’ordine pubblico venne garantito sia dalle milizie che dalla polizia, reprimendo i tentativi di sciacallaggio e spegnendo gli incendi causati dalle bombe incendiarie francesi.
Inoltre durante l’assedio di Torino qualsiasi straniero entrava in città doveva deporre ogni arma ed essere registrato.
Nell’agosto del 1705 le truppe franco-spagnole erano pronte ad attaccare la città ma il generale francese Duca de la Feuillade temendo di avere ancora pochi uomini, preferì attendere rinforzi.
Effettivamente la Cittadella e le diverse misure belliche rendevano Torino una delle città meglio difese d’Europa, tuttavia rimandare l’attacco si rivelò un errore perché permise ai torinesi di fortificarsi fino alla collina.
Torino nel 1673 – licensed under CC BY-SA 3.0
Torino si preparò all’attacco con 10.000 uomini divisi in 14 battaglioni imperiali, 14 battaglioni piemontesi, reparti di minatori, cannonieri e cavalleria.
Una nota interessante sull’assedio di Torino è l’eclissi totale di sole avvenuta alle 10:15 del 12 maggio 1706, che oscurò la volta celeste risaltando la Costellazione del Toro.
Il sole era il simbolo di Luigi XIV, detto anche Re Sole e l’avvenimento diede forza e fede ai torinesi che ora, si immaginavano una facile vittoria.
Due giorni dopo, il 14 maggio i 40.000 soldati franco-spagnoli si appostarono di fronte alla fortezza sabauda.
L’assedio di Torino andò avanti per tutta l’estate del 1706.
I soldati torinesi erano sostenuti dalla popolazione che, in alcuni casi partecipò direttamente alla battaglia e anche grazie alla fitta rete di gallerie sotterranee causarono numerose perdite al nemico.
L’8 giugno il generale francese Feuillade offrì a Vittorio Amedeo II di uscire liberamente da Torino per sfuggire alle bombe, tuttavia il re rifiutò.
Vittorio Amedeo II lasciò comunque Torino il 17 giugno con 4.000 cavalieri facendo azioni di guerriglia nel basso Piemonte, con lo scopo di distogliere il maggior numero di truppe nemiche dall’assedio di Torino.
Il generale Feuillade si lanciò al suo inseguimento con circa 10.000 uomini ma non conoscendo il territorio dovette desistere ed il 20 luglio fece ritorno davanti alla fortezza sabauda.
L’assedio di Torino procedeva sotto un intenso fuoco di bombardamento mentre in città, a causa del blocco di approvvigionamenti esterni, iniziò a scarseggiare la polvere da sparo.
Uno dei principali obiettivi dei francesi era scovare l’ingresso di una delle gallerie sotterranee che portavano in città, per poi farvi penetrare le truppe.
Tra il 13 ed il 14 agosto gli assedianti scoprirono l’entrata di una galleria sotterranea e dopo ingenti perdite riuscirono a penetrarvi, tuttavia i piemontesi fecero esplodere il cunicolo seppellendo i soldati nemici.
Dieci giorni dopo i francesi lanciarono un violento attacco con 38 compagnie di granatieri, i piemontesi si difesero utilizzando anche materiale infiammabile, costringendo i nemici alla ritirata, tuttavia subendo ingenti perdite.
Il minatore biellese Pietro Micca
È in questa fase dell’assedio di Torino che viene collocato il celebre episodio di Pietro Micca, un soldato minatore biellese.
La notte del 30 agosto 1706 Pietro Micca sorvegliava una scalinata che collegava due livelli di gallerie sotterranee e intuendo il pericolo sprangò la porta cercando di farla saltare con 20 chili di esplosivo.
La miccia, probabilmente bagnata non si accese, così Pietro Micca ne utilizzò una molto più corta intimando al compagno che era con lui di scappare dicendo “Vai, che sei più lungo di una giornata senza pane”.
Una volta accesa la miccia Pietro Micca cercò di scappare ma fu dilaniato dall’esplosione ed il suo corpo fu trovato a circa 40 passi dalla scalinata.
È ovvio che la ricostruzione dell’episodio di Pietro Micca sia di natura congetturale, tuttavia si basa su due elementi fondamentali:
- la scala che il minatore biellese fece saltare, scoperta nel 1958
- la cronaca del comandante di artiglieria Giuseppe Maria Solaro della Margherita
Poi, come accade per questo genere di episodi, nel tempo finiscono per essere idealizzati.
In qualsiasi caso l’identità di Pietro Micca come autore dell’esplosione sembra comprovata fin dal 1707 dal cronista dell’epoca Francesco Antonio Tarizzo e dall’accoglimento della supplica presentata a Corte dalla vedova di Pietro Micca.
Tornando all’assedio di Torino, il capitano dell’esercito di Luigi XIV, il duca d’Orléans arrivò nella città sabauda per dare il colpo di grazia, poiché per i piemontesi sembrava che la situazione fosse ormai agli sgoccioli.
Inoltre i francesi sapevano di avere poco tempo poiché il principe Eugenio di Savoia, cugino di Vittorio Amedeo II e comandante delle truppe imperiali austriache, stava marciando verso Torino con un’armata di 20.000 uomini.
A fine agosto l’armata del Principe Eugenio giunse a Villastellone, nei pressi di Torino, fece accampare i suoi soldati e la notte del 29 agosto incontrò il cugino Vittorio Amedeo II.
Il 2 settembre Vittorio Amedeo II ed Eugenio di Savoia salirono sul colle di Superga per studiare il campo di battaglia nemico, individuandone un possibile punto debole.
Vittorio Amedeo II e il Principe Eugenio sul colle di Superga – dipinto di Giuseppe Pietro Bagetti
Inoltre i due contavano anche sull’effetto sorpresa, poiché l’arrivo di un contingente di 20.000 uomini avrebbe colto i francesi impreparati costringendoli a rinchiudersi nelle loro stesse trincee.
Il 5 settembre a Pianezza (appena fuori Torino) la cavalleria imperiale intercettò uno dei convogli diretti al campo francese.
Il Principe Eugenio voleva liberare il castello di Pianezza dai nemici, obiettivo altamente strategico poiché i francesi avrebbero dovuto combattere con le munizioni razionate.
Il principe venne a conoscenza di Maria Bricca, una cuoca di Pianezza che aveva lavorato nel castello e conosceva un passaggio segreto per accedervi.
Così la notte fra il 5 ed il 6 settembre 1706, Eugenio e Vittorio Amedeo II inviarono dei soldati sabaudi e Granatieri di Brandeburgo a prendere la fortezza, comandati dal principe tedesco Leopoldo I.
Il gruppo guidato da Maria Bricca passò la Dora Riparia ed il guado vicino Pieve di san Pietro, percorse la galleria oggi chiamata Maria Bricca, salì la scala a chiocciola presente ancora oggi e irruppe nel salone delle feste.
Il bottino fu notevole e molti francesi vennero uccisi sul posto o fatti prigionieri.
In realtà si presume che l’apporto di Maria Bricca si limitò a semplici indicazioni sul percorso da seguire, in ogni caso il suo contributo fu fondamentale.
Nella Basilica di Superga, monumento celebrativo dell’assedio di Torino poiché realizzato dopo la vittoria sui francesi, è esposta la tela del Gonin raffigurante Maria Bricca che alla testa dei granatieri, brandendo un’ascia irrompe nel salone del castello.
Il 6 settembre le truppe sabaude si posizionarono fra i fiumi Stura di Lanzo e Dora Riparia, pronti alla battaglia il giorno seguente.
Battaglia finale dell’Assedio di Torino
Il 7 settembre iniziò lo scontro finale, dove piemontesi ed austriaci disponendosi sull’intero fronte respinsero le controffensive dei franco-spagnoli.
Usando le fanterie prussiane di Leopoldo I il principe Eugenio voleva sfondare l’ala destra francese, e al quarto tentativo dopo un sanguinoso attacco vinsero la resistenza nemica.
Il reggimento La Marine che difendeva la parte estrema destra francese, ritrovandosi senza né munizioni e né rinforzi andò in rotta.
Dopo un contrattacco della cavalleria francese respinto dai piemontesi, il principe Eugenio riorganizzò la cavalleria imperiale per distruggere definitivamente quella francese.
Eugenio di Savoia dipinto da Jacob van Schuppen – licensed under CC BY-SA 4.0
Partito l’attacco, i francesi numericamente inferiori si diedero alla fuga lasciando l’ala sinistra al proprio destino.
I francesi persero circa 6.000 uomini contro i 3.000 degli austro-piemontesi e nei giorni seguenti caddero altri circa 7.500 francesi, negli scontri o per le ferite di guerra.
Vittorio Amedo II ed il principe Eugenio entrarono a Torino, ormai liberata e si recarono al Duomo per assistere ad un Te Deum (inno cristiano) di ringraziamento.
Ancora oggi a Superga ogni 7 settembre viene celebrato un Te Deum.
L’assedio di Torino è stato un evento determinate per il capoluogo piemontese.
Come ricordo vennero lasciati diversi pilastrini con incisa la data 1706 oltre all’effige della Madonna della Consolata, poiché il famoso Santuario scampò miracolosamente ai bombardamenti.
I pilastrini vennero posti nei punti della città dove ci furono gli scontri più cruenti.
Sempre in ricordo dell’assedio di Torino, nel centro della città vi sono diverse vie in memoria di coloro che si distinsero in battaglia, come Pietro Micca e Vittorio Amedeo II.
Inoltre l’area torinese della Circoscrizione 5 venne ribattezzata con il nome di Borgata Vittoria, in memoria della battaglia.
Nel 2006 in occasione del tricentenario dell’assedio di Torino si celebrò una ricostruzione storica della battaglia, insieme ad associazioni storiche di diverse nazioni europee.